Si è svolta giovedì 8 novembre a Napoli, all’Asilo, la terza tappa del “Resilienze Festival in Tour 2018”.
Tra le proiezioni selezionate, anche il documentario Entroterra. Memorie e desideri delle montagne minori di Andrea Chiloiro, Riccardo Franchini, Giovanni Labriola e Matteo Ragno (meglio noti come Boschilla). Proprio da Boschilla, abbiamo ricevuto l’invito a presenziare con un piccolo contributo fotografico.
Dopo gli altri quattro corti selezionati, ognuno dei quali ha affrontato il tema della resilienza in modalità estremamente differenti, a tratti disorientanti, eccola: la montagna, in tutte le sue concrete forme di vita e sopravvivenza, lotta e resilienza.
Un film semplice, come il pane. Ma forte e pesante, come il miero invecchiato. Non ha avuto bisogno di una voce narrante, perché la montagna stessa è in grado di descriversi, di denigrarsi e biasimarsi, o di farsi bella e atteggiarsi – a seconda dei casi. Si racconta attraverso il sudore e il dialetto dei suoi rari abitanti, il fruscio del vento tra i rami, il frastuono dei camion che lavorano a sventrarla, l’urlo di dolore del cielo che la osserva e sa di non poter fare nulla. Parla persino con le orme dei passi di chi parte e con il silenzio dello «spaesamento di chi resta…».
Per quanto siano spesso nominati alcuni riferimenti geografici, il pathos del documentario risiede specialmente nella consapevolezza di un destino comune: la certezza che essere al nord, al centro o al sud, essere un paese o un altro, oltre i 700 metri (o poco più) non valga nulla.
Insieme a Boschilla, abbiamo avuto l’adire di trascinare l’entroterra a pochi passi dalla costa, l’isolamento in un vicolo ricolmo di turisti, la quiete in un’ovatta di frastuono. Abbiamo allestito una piccola mostra sul nostro entroterra, non per campanilismo, quanto piuttosto per familiarità e conoscenza, consapevoli della possibilità di elevare quegli scorci di terra a simboli universali. Foto naturali si sono mescolate ad altre sperimentali, descritte da alcuni versi di Michelangelo Sabatiello sulla Lucania.
Cos’altro può essere, questo nostro parlare di entroterra in una metropoli marittima, se non un tentativo di raccontare e conservare memorie, storie e sentimenti? Cosa, se non un inconsapevole rigurgito di resilienza?
Maria Rosaria Cella