La nostra risposta alla necessità di sviluppo sostenibile? Il mondo outdoor.
Qualsiasi attività andrebbe inquadrata partendo dal seguente dualismo:
- Scarso impatto ambientale
- Ricadute positive sul territorio in termini di occupazione, reddito diffuso, quantità/qualità di servizi base erogati [1].
Nei fatti, tale valutazione a forbici è raramente contemplata.
L’escursionismo, una delle attività principali del mondo outdoor, risponderebbe virtuosamente a questa analisi.
Ha un impatto prossimo a zero, purché vengano attuate progettualità non invasive, che non vadano a stravolgere il precario equilibrio di ogni area interna. Ha inoltre ricadute positive sui valori di occupazione, reddito, moneta circolante e tasso di emigrazione, che diminuisce con le attività turistiche e quelle a esse legate.
L’obiettivo da perseguire è il mantenimento delle ricchezze naturali e culturali precipue di ciascun territorio. Solo così si opera una tutela pratica. Ogni area interna si bilancia tra l’impellenza di creazione di nuovi tessuti produttivi, quindi di occupazione, e il bisogno di tutela del territorio (suolo, acqua e aria), nel tentativo di assicurarsi un futuro economico [2].
Infatti da un lato le aree interne sono sprovviste di importanti tessuti industriali. Dall’altro però godono di un ambiente naturale che garantisce la salute umana e che è l’opportunità principe per lo sviluppo sostenibile, sia in chiave turistica che di produzione di eccellenze agricole. Tuttavia le analisi su emigrazione, invecchiamento della popolazione e scarsa vivacità monetaria dimostrano la difficoltà di innescare la marcia giusta.
Senza la pretesa di ricercare in questa sede le cause di ciò, possiamo però incentivare l’outdoor, in particolare nelle forme di escursionismo e di attraversamento lento del territorio, come valido modello sostenibile per lo sviluppo del terzo settore.
È sostenibile perché non invasivo e senza fronzoli. Si muove solo con spostamenti azimutali e ovvi riferimenti cartografici. Nei luoghi in cui la cultura outdoor è in costante crescita (come il Cilento e il Salento, per citarne alcuni), i risultati sperati sono stati raggiunti e talvolta anche superati.
Se in Lucania non si può ancora parlare di un fenomeno simile, forse per la difficoltà o per l’incapacità delle amministrazioni di recuperare le vocazioni di ciascun territorio e renderle fruttuose, possiamo ugualmente, nel nostro piccolo, portare l’attenzione sulla cultura outdoor.
Magari con le nostre impronte fuorisentiero.
Michelangelo Sabatiello
[1] Riguardo ai servizi, occorre anche stabilire a chi rivolgerli, se solo al turista/viaggiatore/escursionista o anche agli autoctoni.
[2] Lo dimostra il documentario Entroterra, autoprodotto da Boschilla.