Il sentiero è qualcosa di precostituito, già segnato sulla carta. La prova del passaggio dell’uomo in un ambiente che non è dell’uomo, non è antropico, è da Pan creato.
Il sentiero è il modo più consono al fine dell’attraversamento del territorio quando questo non contempla gli artifici umani bensì crinali, cime, valichi, valli, serre, coste ripide di rilievi, boschi, boscaglie, pascoli, praterie.
Il sentiero è prova della perseveranza di alcuni uomini che lo scelgono come scenario principe, come soggetto indiscusso di esperienze dal valore superiore per il piacere ricavato da questo tipo di escursioni.
La passeggiata in centri urbani rende minori endorfine. È un qualcosa di molto più facile e ordinario, il 99,9 % periodico di tutte le passeggiate svolte sul pianeta. È lo struscio per i centri storici a farla da padrona. Quanti, invece, per diletto decidono di avvalersi di questi passaggi atti all’attraversamento del territorio? Ancora pochi. Non perché non sia gratificante quest’azione, per di più perché il 99,9 % periodico sconosce la goduria/esaltazione dell’escursionista.
L’ambiente naturale è teatro d’azione di figure in scomparsa: pastori, cacciatori, raccoglitori, viandanti nell’accezione di viaggiatori a piedi. S’intende come questi personaggi siano una frazione residuale della totalità degli uomini. Ve ne sono di infinite tipologie, è quella più sensibile a sentire un così forte richiamo per questi ambienti, a fuggire consapevolmente e inconsapevolmente dagli spazi urbanizzati.
L’idea di campagna è un compromesso tra la ricerca dell’ambiente naturale – il sentirsi circondati da esso – e gli agi resi dalle abitazioni, che restano tali, anche se immerse in un contesto naturale. Essa è inadeguata alla fame vorace che assale taluni, desiderosi che il loro scenario sia lo spazio vergine, naturale, scisso da ogni legame antropico.
Quanti covano questo bisogno senza esserne consapevoli?
Solo chi ha prodotto quest’esperienza si ritrova poi a ricercarla. È realtà di chi ama il viaggio incondizionato, che ha qualcosa di estremo, ottenibile quando le condizioni si fanno più difficili e austere.
Non venite in nostra compagnia, potreste scoprire anche voi di voler ricercare quest’esperienza senza soluzioni di tregua. Potreste scoprire lati rebetici della vostra personalità, vista fino ad ora con gli occhi della tranquillità/ordinarietà resa dall’urbe, potreste uscirne completamente sconvolti. È sconvolgimento appagante che non presenta controindicazioni.
Rebetiko è dal turco rebet: soldato in fuga, allo sbando, senza meta, che sa masticare gli spazi desolati e sa ricercare l’avventura come luogo dell’anima nello spazio naturale. Rebetika è la condizione di chi sa e perciò suole avventurarsi fuori il sentiero. Ne trae un godimento senza pari, che lo indurrà all’infinito ad inseguire questa sensazione. E la otterrà ogniqualvolta lo deciderà.
Michelangelo Sabatiello