Lungo l’Appennino meridionale, a nord-ovest della Basilicata, si erge un vulcano spento da circa 140mila lunghissimi anni: il Vulture.
Il punto più alto del massiccio del monte Vulture raggiunge i 1326 metri sul livello del mare, ma, come ogni vulcano, esso non ha una vera e propria vetta: la sua sommità è occupata dal cratere nel quale, dopo le ultime fasi esplosive, si è creata una profonda caldera o depressione, di forma pressoché circolare, che funge da culla per quelli che oggi sono i laghi di Monticchio.
Il Lago Grande e il Lago Piccolo, al sesto posto in classifica per il nono censimento dei “Luoghi del Cuore” del FAI, sono alimentati dalle piogge e dalla risalita di acqua dalle sottostanti falde acquifere. Essi sono ricoperti di ninfee, avvolti da una lussureggiante vegetazione di faggi, pini, castagni, aceri e frassini, nonché di molte specie endemiche. Sul versante ovest del Parco, trova dimora nella riserva delle Grotticelle di Monticchio un particolarissimo lepidottero notturno, una rara specie endemica, la brahmaea europaea, scoperta solo nel 1963.
Su una falda a picco sul lago, incastonata tra le rocce, spunta l’abbazia di San Michele Arcangelo, la cui costruzione, che risale all’VIII secolo d.C., avvenne intorno a una grotta abitata da monaci basiliani. Dopo varie trasformazioni, il complesso, visitabile, si presenta oggi come un convento su più livelli. Ospita una chiesa settecentesca e una cappella devota a S. Michele, ed è meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo.
In un’ala della badia, come un museo in un altro museo, risiede il Museo di Storia Naturale del Vulture, che racconta i 750mila anni di trasformazioni del vulcano, degli habitat e degli esseri che ci vivono.
Il territorio fertile e rigoglioso incuriosisce gli escursionisti. Come se il cratere li risucchiasse e inghiottisse insieme alla loro arte: quella del camminare. Dai laghi si snodano vari sentieri che attraversano il fragrante bosco, fino a raggiungere il rifugio del monte Vulture a 1283 metri s.l.m. Il sentiero dei briganti, ad esempio, è meta di affascinanti escursioni sulle orme delle truppe capitanate dal noto brigante Carmine Donatelli Crocco per fronteggiare gli attacchi dei piemontesi nel periodo risorgimentale.
Grazie alle eruzioni vulcaniche avvenute più di 130 mila anni fa, i terreni fertili circostanti hanno favorito la coltivazione di immensi vigneti, da cui viene prodotto uno dei vini più interessanti del panorama italiano: l’Aglianico del Vulture.
Il nome “Vulture” deriva dal latino vultur -ŭris ovvero “avvoltoio”, per via della sua imponente presenza che incombeva sui territori circostanti. Oggi a lasciare a bocca aperta i fortunati esploratori è la maestosità non più del vulcano che fu, bensì del meraviglioso e unico patrimonio floristico e faunistico del Monte Vulture.
Roberto Colangelo