La storia e la cultura modellano un popolo e il territorio in cui questo si insedia. Potersi riconoscere nel contesto vissuto è quindi un affare collettivo, frutto della regolare interazione tra fattori umani e naturali.
Tali riflessioni hanno indotto all’elaborazione di una nozione giuridica evolutiva del paesaggio, comprensiva di profili ecologici e implicazioni sociali.
Inizialmente esso veniva identificato in una dimensione statica come insieme di “bellezze naturali”, questa la dizione, contenuta in una legge del 1922 [1], data da Benedetto Croce, allora Ministro della pubblica istruzione. A lungo si è considerato il paesaggio come mera forma e aspetto del territorio e solo successivamente si è giunti alla sua rappresentazione in dimensione dinamica, con l’uomo che lo vive e lo modifica insieme ai fenomeni naturali.
Fortemente significativa, in tale evoluzione concettuale, è stata la Legge Galasso [2]. Questa ha esteso il vincolo paesaggistico da singole località a vaste aree territoriali di particolare pregio, con l’accortezza di classificare le bellezze naturalistiche sulla base delle loro peculiarità, suddividendole per classi morfologiche (fiumi, laghi, coste, montagne, ghiacciai, parchi e riserve naturali).
Il significato di tale operazione era il superamento di tutele ad hoc che equiparavano alcuni luoghi a suggestive opere pittoriche e il concepimento di una visione d’insieme del paesaggio. Tale visione è stata poi sviluppata nel Codice dei beni culturali e del paesaggio [3]. Qui l’art. 131 intende per paesaggio:
un territorio espressivo di identità il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e delle loro interrelazioni.
Le definizioni contenute nella Convenzione europea del paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a Strasburgo il 19 luglio 2000, hanno decisamente influenzato l’approdo a questa nuova formulazione. L’atto di indirizzo politico internazionale considera la protezione di tutti i paesaggi, anche quelli della vita quotidiana o degradati e non solo quelli dalla eccezionale bellezza estetica.
Si evince che, al di là delle speculazioni riguardo al gusto estetico, è prioritario tutelare l’esigenza della collettività di vivere in un luogo che con essa si evolva gradualmente. Non possono essere ammissibili stravolgimenti di forma che inevitabilmente alterano la sostanza plasmata da processi storici e culturali.
In ragione di ciò è pienamente condivisibile la manifestazione del proprio dissenso quando le modifiche apportate sul territorio interferiscono col senso di appartenenza.
Katia Giubileo
[1] L. 11 maggio 1922, n. 778, Per la tutela delle belle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico.
[2] L. 8 agosto 1985, n. 431, Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.
[3] D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42.